lunedì 27 febbraio 2012


Esercizi di stile: manoscritto trovato in una bottiglia

Dear………

Vi raccolsi in una strada bagnata, a terra caduta, coi tacchi delle scarpe staccati, come alla strada gettata, come fiore divelto, come foglia da vento ingrato dispersa, voi nel vostro abitino di strass, coi vostri bellissimi occhi ritruccati dalle lacrime, con la vostra bocca srossettata, col vostro sguardo implorante aiuto e protezione, v’ammantai del mio abbraccio e ristorataVi, ripulito il vostro di lacrime perlato volto, che di rugiada irruppe di gratitudine, v’affidai adagiandoVi  nella carrozza, pregando il conducente di condurVi  nella vostra magione, e scorrettamente aggiunsi una mancia, perché di Voi mi fornisse l’ubicazione. Ottenutala, dopo un relativo breve ma straziante lungo tempo d’ansia,  per la sorte della vostra salute, oso chiederVi : come state fanciulla?
Altro vorrei dirVi, figlio dell’emozione che provai, e di cui ho ancora le stimmate nel mio profondo,
ma più mi preme della vostra salute, di cui vorrei (nei desideri dei miei sogni) prendermi cura…
Vostro, e vorrei molto di più che ne disponeste
Serge

martedì 14 febbraio 2012

rendez-vous...appointment...sostantivo


rendez-vous...appointment...sostantivo

Il piccolo tavolino sulla terrazza del bar ristorante che s'affacciava sul canale, era rotondo, e non vi erano spigoli a cui badare, e questo ci sembrò già bene augurante, potevamo osservare le barche che lo risalivano, e con l'immaginazione fu come se ci proiettassimo in un viaggio che da quel posto ci conducesse per mare, senza meta, senza porti sicuri d'approdo, dove avremmo potuto ridiventar sconosciuti per tutti, ma conosciuti per noi, senza gravami, senza legami con quel passato che faceva da tara e rischiava di avere dell'altro un'opinione precostituita.
Lei era splendida con i suoi lunghi capelli mossi dalla leggera brezza, che qualche volta facevano torto ai suoi occhi incantati, ma allo stesso tempo per impercettibili attimi donavano mistero, e le consentivano di batterli, tanto era impegnata ad osservarmi per non perdere anche la più piccola sfumatura delle espressioni del mio volto, che raccontavano di un'intensità febbrile e affamata nel guardarla, nel possederne e stamparla nel diaframma della mia pupilla, che ora si chiudeva aggiungendo profondità, ora si apriva stagliando il suo volto su uno sfondo diffuso come solo poteva essere rappresentata la sua grazia, così che pensai a quanto significato e fato potesse avere l'attribuzione e l'accostamento del nome che portava, a quell'immagine di prodigiosa bellezza gravata inoltre di innamoramento.
Ogni qualvolta volevamo ricondurci al tema col quale forse ci eravamo dato convegno, ovvero parlare di noi e del nostro divenire insieme, ci interrompevamo perché troppo intenso era lo slancio ideale ed affine che l'uno trasmetteva all'altro, così come il divagare di entrambi, fatto di gesti, di carezze all'apparenza caste che lasciavano su Lei chiazze di rossore denunciante, così come la carnosa bocca tormentata dal mordersi, e i fonemi suoi, tutti
spudoratamente evidentemente guidati da un'eccitazione interiore, e le mani che quando racchiuse nelle mie s'imperlavano di subitanei sudori. I nostri corpi prima collocati all'opposto del tavolo, man mano attraendosi si avvicinarono, e non era di ostacolo il cibo etnico, che intanto affluiva, da lei consigliato e garantito, retaggio mnemonico proustiano dei sui viaggi orientali, e che lei con sapienza e cura, mi consigliava come mangiare, spesso imboccandomi, qualche volta nella forma della condivisione istantanea, cosi che avanzando i nostri volti verso l'altro, le bocche culminavano poi in una miriade di baci, reiterata come quelli che si danno ai bambini. Entrambi bevevamo allo stesso bicchiere, forma di bacio sublimato o atto mancato o lapsus come si direbbe in psicoanalisi.
Un abito fasciante di seta incrociava sul suo seno di cui si intravedeva la solcatura e sbarazzino occhieggiava un reggiseno ricamato prezioso, leggero, di sommo gusto,  che permetteva ai capezzoli di spuntare in rilievo, così che i miei occhi non appena si distoglievano dal suo volto, sempre più spesso e consapevolmente vi si posavano, e quando le sue mani avvolte dalle mie unite e coi gomiti appoggiati sul tavolo, per qualche istante si staccavano, col dorso della mano capitava, ma più propriamente volevo, che quelle vette sfiorassero, ricevendone una scossa ed un'intesa condivisa e reiterata.
Non ricordo se fossimo soli, ricordo delle rondini che volando basse ci sfioravano, intessendo variazioni tersicoree e stridii gioiosi, e come benevoli, superstiziosamente li interpretammo, e che fecero da colonna sonora all'apparizione di una piccola nomade col volto intarsiato in un cesto di rose, ci rivolse uno sguardo di una dolcezza inusitata, compagno di quelli che fino a quel momento ci avevano caratterizzato, e che fu come un ulteriore regalo apposto su noi. Donai alla mia graziosa
Lady Anne la rosa bianca di York che si tramutò per l'emozione in rosa rossa di Lancaster, e per quella bambina non vi fu la torre di Londra, ma la nostra carezza riconoscente, insieme alla nostra impotenza per la sua condizione di bambina forse schiava e costretta al lavoro minorile.
I nostri sussurri incomprensibili assursero a consapevolezza della parola non detta, i gesti sembrarono consueti tanto erano condivisi, e da essi trasparì un rispetto, erede delle ferite che la nostra unione sembrava cauterizzare, ferite che come samaritani, curavamo con l'ascolto dell'altro, col non giudicare, col proseguire e col divenire. Allora capitò di guardarsi, ma soprattutto vedersi come ad entrambi non era capitato rinvenire nei nostri curriculum pregressi , i gesti partivano spontanei, soccorrevano uno smarrimento, un pensiero triste ricorrente, una gioia da condividere, un dolore che riaffiorava, una difficoltà da onorare, un futuro da promettere, un giuramento sotteso da onorare, una responsabilità che investisse anche altri, una riflessione sull'attrazione ormai
impudicamente manifesta, e che si fece azione, di mani che sapevano cosa fare, come raccogliere un volto, un bacio, percorrere un collo, omaggiare un seno, sostare in grembo, sconfinare nel pube, sentire la testimonianza viscosa di tutti gli omaggi susseguitesi, apporre la sua mano e premere la mia e tenerla nel fiore per un tempo che ci sembrò percepire come infinito, compagno del violento dolcissimo riconoscente estasio...ma che somigliava anche sorprendentemente a quando una donna sovrappone la mano del suo uomo sulla  sua pancia in dolce attesa per trasmettere energia al nascituro, per condividerne il battito, le istanze prepotenti di vita che reclama la sua evidenza....e solo un bacio prolungato quanto l'estasi, impedì che il canto di Lei s'intrecciasse con quello delle rondini, ma non impedì però ad esse di unirsi a noi per librarsi in volo e planare.....
Ce ne andammo a piedi cingendoci i fianchi, non sapemmo mai quale percorso facemmo, così impegnati a serrarci le labbra, a sprofondare nei nostri occhi, a respirarci intersecati....a..