venerdì 30 dicembre 2011

Agnitiòne
Li(e)v(e)ia
Empàtheia
parafrasi
da “Ligeia” di Edgar Allan Poe
dedicata
a
Livia
Bidoli
Sarà la
volontà a tener desto il mio ricordo e il suo divenire perché non
muoia e rigermogli dopo l’algida paralisi del tempo.
Anamnesicamente
cerco di ricollocare nella mia corteccia la prima immagine che venne
formandosi di
Li(
e sempre mi si rimanda la convinzione dubbiosa che essa abbia sempre
fatto parte di me come uniti siamesicamente in circolazione
extracorporea di cui s’intravedano e percepiscano tattilmente a
seconda della temperatura le variazioni che vanno dai suoi tanto
amati tersicorei viola purpureo ai bagliori rosso scarlatto.
Il luogo
dopo che in me, va configurandosi in un’antica villa romana che
chiamerò per praticità
Thor,
insieme vivida di luci e inquietante di tenebre, quasi scenografia
naturale e negli interni drappeggio della complessa-ambigua-solare
personalità di
Li(
ed ecco allora rammentarla nell’atto di comparire come per magia dal
“boschetto” col
Lieve nobile
ondeggiare dell’andatura cullante del sogno, coi fini capelli ora
fluenti ora caschettati ora ombrare ora rivelare ora fessurare quei
fari luminosi e chiari e inoltrandosi in essi…turchini…blu…come
quando la luminosità dei suoi abissi amati va scemando e i colori
della vita si tramutano dal saturo al nero profondo, nel buio a
sondare ciò che non siamo più, eppure concentrati nella nostra
monolitica densità, prima di fondersi.. liquefarsi… impolverire e
ricadere come nettare per impollinare sempre nuove e complesse
beltadi dal buio e dalla
“morte”
rigeneratesi
Nella
primitività temporale ed impalpabile non ebbi mai ardire
d’approfondirne una sia pur minima identità, tanto era bastante
quella che abbagliante mi si palesava e che
l’andare
verso
paralizzava.
Bastante e
inebriante era per me la
Sua
presenza tale da percepirne…
“L’Ombra
della
Sua
Ombra”..
.
che rivelava in me un
turbamento che tradiva insieme il più disperato innamoramento,
l’inimmaginabile rigidità del mio galoppante lussurioso desiderio,
della mia montante omicida gelosia, del possessivismo che m’invadeva,
della morte che avevo conferito al sonno.
Sollievo per
me rappresentavano le sublimazioni indotte dalle nostre coatte
frequentazioni dei classici, il
Bardo
in particolare, crocevia e
Virgilio
del nostro iniziatico
viaggio.
E i paragoni che andavo contrapponendo con l’altra
Liv....
già musa di
Bergm...
che m’abbagliò in una trasposizione della
Donna
del Mare
, quell‘Ellida
che poi di
Li(
sarebbe stato una passione ed una
idendeificante
reincarnazione acquatica”.
Ma fece in modo di stupire nonostante l’età e la verde esperienza, e
forse proprio per questo, di come passasse, volasse danzasse,
Lieve,
allegra, pungigliosa e leggiadra,
dalle
Smorfie agli ambigui oltraggi della
corte
di Vienna, a Regina della foresta di Arden, quella
Rosa-Linda
che dall’umida notte boschiva traeva il nettare rugiadoso rigenerante
per scivolare ancor più
Lieve
nei sofisticati passaggi ermafroditi.
E
poi del nostro instancabile discutere ed argomentare, già viatico
di un futuro che non avremmo potuto immaginare!

E venne
la notte…
.quando i compiti insiti nei
contratti, nell’età e nei ruoli inesorabilmente reclamavano le loro
scadenze, quelle dei figli diventati grandi, quelle delle
ingratitudini loro malgrado, quelle del non avere ancora appreso a
guardare oltre il
Se,
e del trascurare le energie e l’amore che insieme si sono scatenate
ricevute e sottratte.
E allora
quell’ultimo percorrere il viale alberato è per la
Diva
la passerella e la liberazione dalla dipendenza, e per il
mentore
il suo
Sunset Boulevard..…gli
occhi irrorati di pianto impotenti di
Scottie
che osservano
impressionisticamente
Madeleine giù dalla
torre della missione
.
Una
moltitudine di
Rowena
passarono… e su tutte disperatamente il demiurgo creatore
illusionista tentò d’infondere loro quanto aveva introiettato di
quell’ubriacatura di
Li(uce,
il guarire da quel lutto estetico e sensuale, da quel sfiorato e
vilmente non trattenuto concetto di perfezione e appagamento come
nella sintesi di
Scarpia:
“..darei la vita per asciugar
quel
pianto…”
E rammentare quando ospite e
adiacente una sua magione percorrevo le scale e vi soggiornavo notti
intere nella vana infantile speranza di poterla ancora
coraggiosamente
rivedere…. E anni in cui la nostalgia non fu dissimile da quella
del mio amato
Berlioz per Harriette….

Ma gli occhi
di
“Scottie”
lacrimarono ancora alla vista di
“Madeleine-Judy”
nel giorno
in cui i
Legami dalla e della Morte cessarono
e la
Sua Sinfonia
Fantastica irruppe.
da uno spartito, da
una pagina di quelle che per atto mancato si digitano…ecco
tornarmi un nome (come
le orme di Oreste
per
Elettra,
l’ombra dell’ombra di Ligeia)
che del mio
faceva un omaggio, una citazione, e con stupita curiosità mista a
timida speranza violentai i suo sparsi
profili
gotici
e andai imbattendomi nei percorsi che
Li( aveva
intrapresi e che sorprendentemente pur nell’apparente diversità
tutto a
Lei mi
riconducevano, la brillante interprete d’un tempo ora fine poetessa,
iniziatrice di linguaggi capace di imitare come
Shakespeare
faceva col
Bandello
e farne
“Otello” e
Li(
naufragare nell’infinito del
Recanatese.
La
sorprendente sensibilità ed assonanza per tutto ciò che amo, sia
essa letteratura e musica io in
Li(
ritrovo e mi riconosco come se quella
rugiada
figlia delle fluviali lacrime
m’avesse
rigenerato in
amniòs, dove ho naufragato
incognito-inconsapevole!?
ed ecco allora i
saggi e le tesi sul nostro
Baltimoriano,
tutte vissute dal di dentro
matericamente
e osmoticamente fino all’indistinguibile.
La fine
critica di spettacoli, insieme colta preparata informata e sensibile
al punto di farli rivivere attraverso lo scritto nella loro
trascinante realtà, siano essi prosa, danza, balletto o concerto,
l’instancabile creatività animatrice di un luogo dello spirito
online tutto raffinatezze, argine alla morte dell’Es, roccaforte
d’una possibile alternativa al sonno della ragione.

E quei semi
lanciati…..
.ora
l’inverno della nostra amarezza s’è cambiato in gloriosa estate a
questo sole di York….
Set down,
set down your Honourable load..
…Your
beauty was the cause of that effect;
Your
beauty, which did haunt me in my sleep
To
undertake the death of all the world,
I live one
hour so might in your sweet bosom
Natura!
Sei tu la mia unica Dea
e solo
alle tue leggi io m’inchino
volgono ora al raccolto del reincontrarsi, più
luminosamente vivido del nostro pregresso coma
la
nostra notte sfarzosa
dei
nostri anni solitari
in veli
sommersi di lacrime
ondeggianti
al ritmo della musica delle sfere
In questo
almeno mai potrò ingannarmi…
quei
grandi fulgidi occhi del mio perduto futuro
si sono
riaperti
e tutta la
natura torna ad incromarsi
*
Che le perle siano il riflesso del tuo sole

Che i raggi percepiscano ovunque il tuo volto

Nel mistero del fiore *
Li(e)v(e)ia
Sergio
Salvi
* Versi di
Livia Bidoli

L'origine du monde

L’origine du monde
(omage a Gustave Courbet)

La tua purezza discinta, ogni giorno come ninfea si apre al mio sguardo e carnivora invoca la sua vittima sacrificale, odorosa, salata perlata chiede l’omaggio delle mie labbra, l’assaporo della mia lingua. L’essere suonata dai miei chirurgici polpastrelli, e allora mi si rivela, pianta acquatica, polla inesauribile d’effluvio, accoglie la mia testa per poi podalicamente farmi rinascere, e li nell’origine del tutto Melpomene&Tersicore&Euterpe abitano, si danno convegno e intessono variazioni, li abita Mozart, li Beethoven bussa col suo destino, lì l’assetato d’arsura d’amore s’immerge per il suo ristoro, poi grato la colmo e rilascio dentro copioso, tracce della mia immortalità, che ogni volta ti vivifica e tutta ti stravolge e rinnova, tempesta d'ovuli nello spazio rarefatto di lava colante
….ancora…ancora…ancora….
riflesso variegato annegato nei tuoi smeraldi
così…..fino alla fine del tempo


sabato 19 novembre 2011

The Oval Portrait

Omaggio a Poe


La stanza illuminata dalle fiammelle forse candele o forse fuochi fatui, fa chiarore su una nicchia rimossa
"dal quaderno della mia memoria"
dalla quale da tempo mi è precluso l’accesso, qui una o una moltitudine di fanciulle dalla femminilità al suo primo primaverile rigoglio sboccia al piacere prima del mio sguardo poi del mio vedere, e devo perché la vista non m’inganni chiudere gli occhi  per placare la fantasia e far ricorso ad una maggiore serenità per dissolvere lo stupore sognante che furtivo si va insinuando nei sensi.
La distinzione tra un’opera dell’ingegno artistico e la realtà di una persona vivente si intersecano per accrescerne l’ambiguità e cancellarne i confini, e così per un tempo non stabilito, forse infinito come sembrano infiniti gli attimi che si tentano di prolungare e fissare, che le tante primavere esplosive di frutti mi donarono, resto lì ad ammirare e cercare di sondare l’arcano magico della vita che si fissa come opera d’arte ed alla quale imploro un impossibile percorso inverso come sono vani i pensieri e i desideri dei cammini a ritroso.
Consolatoriamente vado a ricercarne i segni, gli oggetti, le lettere che allora fecero da corollario e reliquiario a quegli ardori e ne leggo storie e accadimenti tutte pervase dallo stesso identico percorso e assimilabili a quel perseverare diabolico che possiedono le coazioni a ripetere.


Vi scorgo sempre fanciulle di bellezze rare e vive col destino accumunato ai fiori quando vengono colti, l’appassirsi insieme del loro croma e del loro profumo, immalinconite dal gobbo reclinare dello stelo come le rose di York e Lancaster. E l’ideale unione col loro artista mentore destinato a diventare infausta ora.
In questo bilancio mi rappresento artista austero da sempre sposo e congiunto più che della vita dei miei sconfinati quanto indefinibili talenti.
Contro fanciulle di rara bellezza insieme gioiose e belle, emananti luci accecanti dai delicati sorrisi, amanti della vita in tutte le sue espressioni e proprio per questo paradossalmente ostili soltanto all’arte che nell’immortalarle le definiva laddove esse erano per loro natura indefinibili. E ravviso lo sgomento di  quando alla cura degli strumenti corrispondeva l’altrettanto ignorarle, ancora di più quando le volevo protagoniste, ravvisanti in ciò l’ennesima catalogozione e successiva archiviazione, compensi per loro natura postumi.
E più il procedere della raffigurazione conduceva al trasferimento della vita verso le forme d’arte, fossero esse Melpomene, Tersicore, Euterpe o la fotografia ed altri talenti, più la salute e il suo dileguarsi del colorito testimoniavano  dell’usurpazione del loro essere; ma ciononostante esse tutte si fissavano in un resistente sorriso di supposto compiacimento, celante un dolore profondo e spossante che per contro eccitava l’artista di fervido bruciante piacere, direttamente proporzionale  allo stremo e alla debolezza di costoro. Ma ancora più ingannevole e tragico per chi lo osservava era il risultato, di una rassomiglianza che avrebbe potuto indurre a credere oltre che al talento dell’artista, ad un amore profondo, solo possibile dispensatore di tante meraviglie.
E quando l’opera era lì per essere compiuta, sembrava crescere nell’autore l’ardore per l’imminenza del trasferimento dell’alito vitale all’opera, e mai finiva con l’accorgersi che ciò che ad esse toglieva e colà trasferiva, erano i segni stessi della vita. La strenua resistenza vitale di colei e di costoro si espresse nella forma dinamica che assumono gli esseri e le cose prima del loro congedo, con un apparente ravvivarsi prima di definitivamente spegnersi. E mentre ancora mi sembra di stare lì incantato a rimirare la mia creazione, ancora non mi avvedo, che quella vita che ho illusoriamente donata e fissata, l’ho a tante creature sottratta.

Sergio Salvi  

p.s. Ho amato da sempre il breve racconto di Poe, e ancor più da quando Godard lo inserì in un suo film  con l'effige di Anna Karina , questa mio scritto è una riflessione su me insegnante alle prese con le creature che ho plasmato (o almeno creduto!) e l'interrogarsi  sulla  "moralità"  di un'attività eminentemente maieutica, che spesso sfocia  in posessività demiurga. L' interrogarmi su questo punto  lo devo in primo luogo al mio maestro Giorgio  Sstrehler, che faceva costante riferimento al "ruolo del maestro”" e ai suoi “abusi”